Ai fini dell’imposizione fiscale italiana e del conseguente pagamento delle imposte di un soggetto persona fisica, uno degli elementi principali da verificare è quello della residenza. In Italia si applica il principio della “tassazione mondiale” e quindi l’obbligo per i residenti di dichiarare ai fini delle imposte tutti i redditi percepiti in qualunque Paese.
La definizione di residenza ai fini fiscali è disciplinata dall’art.2 comma 2 del TUIR dove viene indicato come elemento identificativo della residenza di una persona fisica quello dell’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente o la residenza o domicilio in Italia per la maggior parte del periodo d’imposta.
Residenza per la maggior parte del periodo d’imposta
Secondo quella che è una presunzione di legge, coloro che risultano iscritti all’anagrafe italiana per almeno 183 giorni all’anno (184 in caso di anno bisestile), sono automaticamente considerati fiscalmente residenti in Italia per l’intero anno solare. Questo significa che, per l’anno verificato, tutti i redditi della persona fisica residente dovranno essere dichiarati ai fini fiscali in Italia, indipendentemente dal fatto che abbiano già scontato imposte in altri Paesi.
Oltre alla presunzione di legge predetta, esiste poi anche un requisito sostanziale di verifica. Infatti, se l’Agenzia delle Entrate ha validi indizi, può presumere la residenza fiscale di un soggetto in Italia anche se questi è ufficialmente iscritto alle liste AIRE degli Italiani residenti all’estero. In questo caso, dovrà essere il soggetto interessato che ha l’onere di dimostrare, documentandolo, che il centro principale economico dei suoi affari nonché il centro dei rapporti familiari e sociali si trova all’estero.
Recente intervento della Corte di Cassazione sulla residenza ai fini fiscali
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 11620 del 4 maggio 2021, è intervenuta sul tema della residenza fiscale di una persona fisica in Italia. Con questa ordinanza si è espressa proprio in merito all’accertamento in capo ad una persona fisica Italiana iscritta alle liste AIRE dei residenti all’estero alla quale era imputata, invece, la residenza nel territorio nazionale.
In pratica, secondo la Suprema Corte, ciò che rileva ai fini dell’imposizione fiscale in Italia è l’esistenza di un collegamento fisico tra il contribuente ed il territorio dello Stato e, ai fini dell’individuazione del domicilio riconoscibile da parte dei terzi, si deve far riferimento al domicilio collegato alla gestione degli interessi e degli affari economico-patrimoniali prioritariamente rispetto al luogo delle relazioni affettive e familiari.
Ne consegue che il domicilio deve, non solo, essere quello riconosciuto dai terzi come il luogo della gestione dei propri interessi, ma tale riconoscibilità deve essere tale da individuare in Italia prioritariamente gli interessi del contribuente di carattere economico e patrimoniale (Cass.n.32992/2018, Cass.n.6501/2015).