Una dei temi più delicati che si presenta in sede di calcolo delle imposte, è quello riguardante le perdite su crediti.
Da un punto di vista Irap, le perdite di cui trattasi sono sempre indeducibili, mentre a fini Ires la disciplina è complessa ed è specificatamente disciplinata dall’art.101 del Tuir.
La normativa a fini Ires
La disciplina trae la sua origine dall’art.101, comma 5 del Tuir, ai sensi del quale “le perdite su crediti….sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi..”
Ma quali sono gli “elementi certi e precisi”, richiamati dalla norma?
La norma elenca (in via tassativa) le fattispecie che possono generare una perdita su crediti e in quale periodo d’imposta tale costo dovrà essere contabilizzato per essere dedotto. In estrema sintesi, i casi sono i seguenti:
- se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali, dalla:
- data della sentenza dichiarativa di fallimento;
- data del provvedimento che ordina la liquidazione coatta amministrativa;
- data decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo;
- data decreto della procedura di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
- se il debitore ha concluso un accordo di ristrutturazione dei debiti omologato ai sensi dell’art.182-bis del RD 16.03.1942 (data del decreto di omologazione dell’accordo);
- in caso di piano attestato ai sensi dell’art.67, comma 3, lett. d), R.D. n.267 del 16/3/1942 (data di iscrizione nel registro delle imprese);
- per i crediti di modesta entità (5.000,00 per i grandi contribuenti; 2.500,00 per gli altri), decorso un periodo di sei mesi dalla scadenza del pagamento stesso;
- se il diritto alla riscossione del credito è prescritto (da notare che la prescrizione viene interrotta da ogni atto che valga a costituire la messa in mora del debitore);
- se il credito è cancellato dal bilancio a seguito di una corretta applicazione dei principi contabili.
Le perdite su crediti derivanti da processo valutativo
Un caso particolare è quello della perdita su crediti derivante da “processo valutativo del debitore”.
A tal proposito la C.M. n.23 del 2013 prevede che “..la definitività della perdita possa essere verificata solo in presenza di una situazione oggettiva di insolvenza non temporanea del debitore, riscontrabile qualora la situazione di illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore sia tale da fare escludere la possibilità di un futuro soddisfacimento della posizione creditoria”.
Successivamente la Circolare fornisce alcuni esempi ed afferma che “…possono considerarsi come sufficienti elementi di prova ai fini della deducibilità della perdita, tutti i documenti attestanti l’esito negativo di azioni esecutive attivate dal creditore……, sempre che l’infruttuosità delle stesse risulti anche sulla base di una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore”.
Quindi la Circolare parla di azioni esecutive in senso generale non entrando nel merito della tipologia della stessa (pignoramento immobiliare o mobiliare), ciò in quanto, quello che alla fine conta, è l’oggettiva situazione di “illiquidità finanziaria ed incapienza patrimoniale del debitore”.
In sintesi per tale fattispecie è necessario avere:
- Parere legale che sconsiglia il recupero del credito;
- Prova di aver posto in essere “azioni esecutive” volte al recupero del credito;
- Una valutazione complessiva della situazione economica e patrimoniale del debitore, che ne dimostri l’incapienza (fatta dal legale stesso o (meglio) evidenziata da relazioni negative rilasciate dalle agenzie di recupero del credito o da un professionista incaricato).
Infine, è nostro parere che tale ipotesi di deduzione della perdita su crediti debba essere considerata come “residuale” rispetto alle altre previste dall’art.101 de Tuir.