Sono entrate in vigore, dal 30 dicembre scorso, le nuove norme sulla fiscalità internazionale di cui al Dlgs 209/2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 301 del 28 dicembre, il quale ha recepito la delega fiscale in materia di fiscalità internazionale. Le nuove norme prevedono, tra le novità, anche la modifica al concetto di residenza fiscale e l’introduzione di incentivi per il trasferimento delle imprese in Italia.
La residenza fiscale delle persone giuridiche
La disciplina della residenza delle persone giuridiche viene riformata intervenendo sui criteri di collegamento (ex articolo 73 del Tuir).
Nella nuova formulazione prevista dalla legge, i tre criteri di collegamento, tra loro alternativi, in grado di radicare in Italia la residenza delle persone giuridiche, sono stabiliti nei seguenti: 1. la sede legale nel territorio dello Stato, 2. la direzione effettiva e 3. la gestione ordinaria in via principale.
E’ stato eliminato il criterio dell’oggetto principale dell’attività esercitata, estraneo alla prassi internazionale, e resta, invece, invariato il criterio di collegamento fondato sulla presenza della sede legale nel territorio dello Stato come criterio per l’individuazione di un soggetto giuridico in Italia.
E’ stato riformulato anche il criterio della sede dell’amministrazione, specificando i criteri di collegamento di natura sostanziale: la direzione effettiva e la gestione ordinaria in via principale. Per sede di direzione effettiva, si intende la continua e coordinata assunzione delle decisioni strategiche riguardanti la società o l’ente nel suo complesso, mentre, per gestione ordinaria, si intende il continuo e coordinato compimento degli atti della gestione corrente riguardanti la società o l’ente nel suo complesso.
Quali sono gli incentivi per il trasferimento delle imprese in Italia?
La riforma introduce un incentivo fiscale, volto a promuovere lo svolgimento nel territorio dello Stato italiano di attività economiche.
Potranno beneficiare dell’agevolazione, per il periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento e nei cinque successivi, le imprese che, prima di trasferire l’attività in Italia, operavano in un Paese estero non appartenente all’Unione europea o allo Spazio economico europeo.
In particolare, viene prevista la non concorrenza alla formazione della base imponibile, ai fini delle imposte sui redditi e del valore della produzione ai fini dell’Irap, del 50% del reddito imponibile derivante dalle attività d’impresa oggetto di trasferimento.
Il beneficio fiscale si perde – e sarà recuperato – se l’attività viene trasferita all’estero prima che siano trascorsi cinque anni dal termine del periodo agevolato. Per le imprese di grandi dimensioni il periodo di permanenza sale a 10 anni. Sono escluse dal beneficio le attività esercitate nel territorio dello Stato nei 24 mesi antecedenti il loro trasferimento.
Ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, si dovranno tenere separate evidenze contabili, idonee a consentire il riscontro della corretta determinazione del reddito e del valore della produzione netta agevolabile.
L’efficacia di queste disposizioni è subordinata, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, all’autorizzazione della Commissione Europea.