Le plusvalenze realizzate tramite cessione di partecipazioni Pex sono esenti ai fini Ires nella misura del 95%, come previsto dall’art. 87 del Tuir.
Partecipazioni “Pex”
Il regime “Pex” (Partecipation Exemption) è un particolare regime che consente di non far concorrere alla determinazione del reddito imponibile una parte di plusvalenze realizzate da soggetti passivi Ires di cui all’art. 73 DPR 917/86, società di persone e persone fisiche titolari di reddito d’impresa. Per poter essere applicato, e per ottenere di conseguenza l’esenzione, tale regime richiede che la partecipazione di cui si vuole effettuare la cessione rispetti determinati requisiti, così come stabiliti dal primo comma, lettere a) – d) dell’art. 87 del Tuir.
Costi relativi alla cessione della partecipazione Pex
L’articolo 4, lettera e), della legge n. 80/2003, in attuazione della quale è stata emanata la disciplina in materia “Pex”, prevede l’indeducibilità dei costi direttamente connessi con la cessione di partecipazioni che si qualificano per l’esenzione.
Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 36/E del 2004, tale principio è stato recepito in modo indiretto anche nel TUIR emergendo, in particolare, dal combinato disposto dell’articolo 86, comma 2, e dell’articolo 109, comma 5. Per tale ragione, i relativi costi di cessione sono generalmente indeducibili e, se non ricompresi tra quelli di diretta imputazione, devono essere ripresi in aumento vista la loro connessione con proventi esenti. La variazione in aumento va parametrata sulla base della stessa percentuale di esenzione della plusvalenza o indeducibilità nel caso di minusvalenza. Pertanto, per esempio, i costi direttamente connessi con la cessione delle partecipazioni sono deducibili solo nella misura del 5% per i cedenti soggetti Ires.
Quali tipologie di costi sono coinvolte?
L’Agenzia delle Entrate ha precisato che i costi connessi direttamente con la cessione della partecipazione sono: 1) oneri accessori sostenuti al momento della cessione della partecipazione (spese notarili, spese per perizie tecniche, provvigioni dovute agli intermediari); 2) altri oneri eventuali che siano specificamente e non solo “indistintamente” collegati alla realizzazione della plusvalenza (categoria residuale che non viene analiticamente definita).
I costi di “due diligence”
Una categoria di costo oggetto di dubbi interpretativi è quella delle spese di “due diligence” relative alla cessione delle partecipazioni. La Cassazione, nel 2018, ha considerato tali costi come direttamente connessi con la cessione della partecipazione e, quindi, indeducibili al 95%. In senso opposto, invece, nel 2011 si era espressa la CTR Lazio, disponendo che i costi di due diligence sostenuti in vista della cessione della partecipazione fossero deducibili al 100%: questi costi, sebbene assolutamente necessari, non potrebbero infatti essere considerati oneri accessori alla stregua di spese notarili, provvigioni e simili, non essendo sostenuti in occasione della cessione ma quale suo presupposto.
Le spese di “due diligence”, quindi, non andrebbero identificate come spese collegate specificamente alla realizzazione della plusvalenza esente, ma come relativi alla fase preparatoria. Ulteriori fattispecie dubbie in merito sono quelle nelle quali la trattativa di vendita non vada a buon fine e quindi i costi non trovino accessorietà/collegamento diretto con la cessione e quelle nelle quali la due diligence sia eseguita in un periodo distante dalla cessione, così da determinare un legame fra le due piuttosto debole.