L’Agenzia delle entrate, con la risposta ad interpello n. 238/2024, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’ambito di applicazione della c.d. agevolazione “prima casa”, per i soggetti che si trasferiscono all’estero per ragioni di lavoro.
Il caso
In particolare, il caso è quello di una contribuente che, dopo essere stata residente in Italia per diversi anni e aver prestato la propria attività lavorativa nel nostro Stato, si è trasferita all’estero per motivi di lavoro, iscrivendosi all’Aire. Successivamente, la contribuente è rientrata temporaneamente in Italia per collaborare nell’assistenza familiare, e ha iniziato a lavorare nel nostro Stato, con contratti di lavoro a tempo determinato.
Durante il periodo trascorso in Italia, la contribuente ha acquistato un immobile nel nostro Stato, fruendo della c.d. agevolazione “prima casa” e dichiarando in atto che “l’immobile è ubicato nel Comune ove intende stabilire la propria residenza entro diciotto mesi” dall’acquisto.
In un secondo momento, però, la contribuente si era resa conto di voler mantenere la residenza all’estero e l’iscrizione all’Aire e, dunque, si era rivolta all’Agenzia delle entrate per sapere se potesse approfittare delle nuove agevolazioni introdotte dall’articolo 2, D.L. 69/2023, relative ai soggetti che si trasferiscono all’estero per motivi di lavoro, rettificando, quindi, tramite un atto integrativo, la dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro 18 mesi dall’acquisto.
La risposta dell’Agenzia delle Entrate
La risposta dell’Agenzia delle entrate è stata negativa, in particolare perché, ai sensi del citato articolo 2, D.L. 69/2023, il legislatore italiano ha modificato le condizioni agevolative per accedere alle c.d. agevolazioni “prima casa” per i soggetti emigrati all’estero.
Infatti, la nuova formulazione della lett. a), della Nota II-bis all’articolo 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, prevede che “se l’acquirente si è trasferito all’estero per ragioni di lavoro e abbia risieduto o svolto la propria attività in Italia per almeno cinque anni”, per l’accesso al beneficio è necessario che l’immobile acquistato sia ubicato “nel comune di nascita o in quello in cui aveva la residenza o svolgeva la propria attività prima del trasferimento”. In altre parole, si prevede che il soggetto trasferito all’estero per ragioni di lavoro possa accedere alla c.d. agevolazione “prima casa”, nel caso in cui acquisti in Italia un’abitazione di categoria catastale diversa da A/1, A/8 o A/9 e rispetti congiuntamente le seguenti condizioni:
- abbia risieduto o svolto la propria attività lavorativa in Italia per almeno 5 anni;
- l’immobile acquistato in Italia sia ubicato nel Comune di nascita dell’acquirente, ovvero in quello in cui egli aveva la residenza o svolgeva l’attività prima di trasferirsi all’estero.
I chiarimenti precedenti sull’agevolazione prima casa
Con la circolare n. 3/E/2024, l’Agenzia delle Entrate aveva già chiarito che “il beneficio fiscale, in ragione dell’intervento normativo, viene pertanto ancorato a un criterio oggettivo, svincolandolo da quello della cittadinanza”. L’Agenzia aveva inoltre chiarito, in relazione al requisito della residenza/attività lavorativa in Italia per almeno 5 anni, i termini di “attività lavorativa” (da intendersi come ogni tipo di attività, ivi incluse quelle svolte senza remunerazione) ed il requisito temporale “quinquennale” (non necessariamente inteso in senso continuativo). Inoltre, il requisito del trasferimento all’estero per ragioni di lavoro era stato identificato come “deve ritenersi riferibile a qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro (non necessariamente subordinato) e deve sussistere già al momento dell’acquisto dell’immobile”.
Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, il trasferimento per ragioni di lavoro, verificatosi in un momento successivo all’acquisto dell’immobile, non consente di avvalersi del beneficio fiscale in questione.
Conclusioni
Con quest’ultimo chiarimento in sede di interpello, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che, nel caso di specie, al momento dell’atto di acquisto, non sussisteva la condizione del “trasferimento all’estero”, in quanto la contribuente si trovava in Italia e ivi lavorava con contratti a tempo determinato. Pertanto, la contribuente non sarebbe stata legittimata a rettificare, tramite un atto integrativo, la dichiarazione precedentemente resa in relazione al trasferimento della residenza entro il termine di 18 mesi dall’acquisto.